Emanuele Rossi scrive alla città

Fabriano, come l’Italia nel suo complesso, necessita di un cambiamento. Il triste epilogo del nostro modello di sviluppo cittadino e territoriale è evidente e colpisce in modo drammatico molte famiglie. La politica, nella sua accezione peggiore, per troppo tempo ha esercitato forti ingerenze sulle scelte della collettività legandosi a filo doppio con una classe industriale fallimentare e vivendo di fitte reti clientelari. Oggi è tempo di costruire una seria e credibile alternativa a questo modello. Credo però che da solo il “buon governo del territorio”non possa bastare, anche se rimane un elemento centrale e imprescindibile. Necessitiamo di ritrovare anche la “buona politica”. A livello nazionale il PD, il PDL e l’UDC hanno abdicato al loro ruolo di attori, fortemente compromessi, della scena politica nazionale lasciando in mano a “tecnici in loden” il destino della collettività. La fine, più che auspicata, del berlusconismo ha trovato al suo compimento il paese spaventato e la voglia di cambiamento che si percepiva la primavera scorsa, anche a seguito di un referendum vinto ma di fatto tradito, si è rivelata essere voglia di semplice discontinuità.

Il governo Monti sta strozzando i cittadini italiani e criminalizzando ogni forma di resistenza sociale: l’IMU, le liberalizzazioni discrezionali, l’attacco continuo all’articolo 18 e al mondo del lavoro, lo smantellamento progressivo del pubblico sono le misure richieste all’Italia dalla BCE e dal Fondo Monetario Internazionale, cioè dalla finanza internazionale, cioè dai responsabili di questa crisi che tutti ormai percepiamo come reale. La realizzazione di quella che è stata definita una macelleria sociale ricade inevitabilmente su tanti disoccupati, precari, cassaintegrati e, da oggi, esodati- termine orribile- che caratterizza però una vera e reale emergenza sociale. Queste tematiche nazionali inevitabilmente ricadono nei territori: maggiore tassazione senza riscontro di investimenti per il welfare, fabbriche che chiudono e famiglie con il destino appeso ad un filo sottile, emergenza nei pagamenti dei mutui e degli affitti, opere faraoniche incompiute, nuove forme di povertà. Fabriano non è esente da questi problemi ma abbiamo tutte le capacità per ripartire, solo se dimostreremo di essere una comunità.

Le comunità nascono però dal fare e si articolano nella costruzione di spazi per la “buona politica”. Non posso credere ai profeti della fine della politica o ai tecnici in loden che la rifiutano a priori, per me la politica non può per sua natura terminare in quanto deve essere fonte di guida e di ispirazione per una società matura. Il governo tecnico amministra in maniera asettica e gelida, ma non ha un progetto di società, una chiave di lettura del mondo e questo è evidente negli ordini di lacrime e sangue che esegue, sopra le noste teste, comandato da organismi sovranazionali che, per loro natura, non hanno a cuore il destino della nostra collettività. Essere di sinistra per me significa credere in un mondo senza soggetti sfruttati e sfruttatori, significa essere di parte, dalla parte degli ultimi, tutto ciò non è, per me, sindacabile. Questa è la politica che si deve salvare altrimenti, anche a Fabriano, rischieremo di sprofondare in derive ipertecniche o qualunquiste, entrambe a loro modo, inevitabilmente dannose.

Emanuele Rossi